sabato 8 febbraio 2014

La consolazione utopistica del punto zero

"E' anche facile -e forse utile- denunciare il carattere illusorio di questa ricerca del punto zero. Non illusorio tuttavia, ma immaginario, quasi nel senso che i matematici danno a questa parola: immaginario è il riferimento a un uomo senza mito, come è immaginario riferirsi a quest'uomo spossessato di se stesso, libero da ogni determinazione, privato di ogni valore e alienato al punto da essere nient'altro che la coscienza agente di questo nulla, l'uomo essenziale del punto zero, di cui certe analisi di Marx ci hanno offerto il modello teorico, in rapporto al quale il proletariato moderno si scopre, si definisce e si afferma, anche se non risponde realmente a tale schema. E dunque in qualche sorta di indigenza che il mondo della tecnica trova la sua verità e la sua grande virtù -intellettuale- non è di arricchirci, ma di spogliarci. Mondo barbaro, senza rispetto, senza umanità. Ci svuota atrocemente di tutto ciò che amiamo e vogliamo essere, ci caccia dalla felicità dei nostri rifugi, dalla finzione delle nostra verità, distrugge ciò a cui apparteniamo e a volte distrugge se stesso. Terribile prova. Ma questo contrasto proprio perché ci lascia spogli di tutto, salvo la forza, ci offre anche la possibilità presente in ogni rottura: quando si è costretti a rinunciare a sé, bisogna morire o incominciare; morire per ricominciare. Questo sarebbe il senso del compito che rappresenta il mito dell'uomo senza mito: la speranza, l'angoscia e l'illusione dell'uomo al punto zero". (Murice Blanchot)IL grado zero della scrittura immagina lo schiacciarsi dell'elemento simbolico su quello naturale o di quello naturale sul simbolico, perché un paradigma delle coincidenza delle due sfere dell'umano prevede l'indistizione o anche la depressione del dire. Questa poetica è valida come monito, come registrazione di uno stato, come paradigma, e, trattandosi di scrittura o di poesia, prevede una retorica. Equivoco da evitare è l'interpretazione del grado zero con l'origine. Anche questo è un mito, perché a noi l'origine non è data. Si rischia di fare scrittura ingenua più che veritiera.

1 commento:

Frungillo ha detto...

IL grado zero della scrittura immagina lo schiacciarsi dell'elemento simbolico su quello naturale o di quello naturale sul simbolico, perché un paradigma delle coincidenza delle due sfere dell'umano prevede l'indistizione o anche la depressione del dire. Questa poetica è valida come monito, come registrazione di uno stato, come paradigma, e, trattandosi di scrittura o di poesia, prevede una retorica. Equivoco da evitare è l'interpretazione del grado zero con l'origine. Anche questo è un mito, perché a noi l'origine non è data. Si rischia di fare scrittura ingenua più che veritiera.