mercoledì 1 gennaio 2014

Perlustrazione

Nel momento in cui anche l’ultimo mobile fu portato via  rimase solo l’alone dei quadri sul bianco delle pareti. Perlustrata un’ultima volta la casa si mostrò nel suo volto vero, livido, come il negativo di una vecchia foto. Ogni cosa svanendo aveva lasciato solo la propria ombra, un ultimo spasmo di vita remoto, un odore di grigio, un dolore impresso in un’impronta sul pavimento. Forse aveva avuto e avrebbe ancora avuto le sembianze di una casa vuota il mondo senza vita, quando scomparso anche l’ultimo uomo, la ruota dei giorni avrebbe di nuovo assunto la trasparenza di un ghiaccio perenne, uno stare immobile, uno scorrere lentissimo di ombre sulla lastra eterna della necessità, come immagine riflesse nel vetro di questa finestra. Continuò ancora  per qualche minuto a perlustrarla stanza dopo stanza – poi non ci sarebbe mai stato più niente da spostare, da guardare - con passo lento e circospetto, sollevando e riappoggiando i piedi sul pavimento con estrema cautela, quasi a non voler lasciare nessuna impronta. Bisognava lasciar incontaminato il luogo del crimine, il crimine di quella che era stata la sua vita. Ora lui non poteva più incidere sugli eventi, poteva solo osservare con il distacco di un perito o con lo sguardo allucinato di un testimone oculare. Ora quella che era stata da sempre la sua casa non aspettava più nessuno, niente, se non l’aria che gonfia l’intonaco del soffitto, un bolla di spazio immobile,  il pulviscolo che rotea pianissimo, il mondo muto risucchiato nella crepa di un battiscopa.

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