mercoledì 11 gennaio 2012

Zamel di Franco Buffoni



“Di nuovo! Ti ricordo una felice  sintesi di Giovanni dall’Orto: “Omosessuali non si nasce né si diventa. Omosessuali si è”. È la risposta lucida, pragmatica, fenomenologica da replicarsi alle posizioni essenzialistiche e idealistiche. Perché nel momento in cui si chiede se si ‘nasce’ o si ‘diventa’ omosessuali (mancini) si sottintende che ci sia una ‘causa’: come per le patologie, per le malattie. Se si ‘è’, si smette di cercare ‘cause’ e ci si limita –al più- alla descrizione dei fenomeni.”  E potremmo aggiungere il descrivere fenomenologico come lasciar apparire la “cosa”, il fenomeno, per quel che è, al massimo cercando di interpretarlo nei rimandi che esso apre all’interno del mondo in cui si va ad inserire. Questo mi sembra il nucleo concettuale e la proposta teorica-pratica di Zamel – “frocio” in arabo- romanzo, epistolario, saggio, dialogo filosofico di Franco Buffoni, Edizioni Marcos y Marcos, 2009 - libro sorprendente nello stile, nella struttura e nel contenuto. È un testo che sembra parlare solo dell’omosessualità, dell’identità gay e della sua storia, con riferimenti letterari cospicui e straordinari, ma che in realtà affronta un questione che ne va al di là e che riguarda la radice dell’umano: il rapporto tra sessualità, desiderio e identità.
Romanzo del quale si conosce già il finale nel primo capitolo, in cui è narrato l’omicidio di Aldo da parte del suo amante tunisino. Questo inizio, però, non è estrinseco al nocciolo del testo ma funzionale ad esso, perché evidenzia che i dialoghi, l’epistolario, ciò di cui parlano Aldo ed Edo (che oltre ad essere i due personaggi sono l’uno l’alter ego dell’altro), non è oggetto di una conversazione solamente amichevole ma è un dialogo in cui ne va della vita e della morte, della possibilità di un’identità o l’alternativa invece di non essere riconosciuti, anzi, di essere cancellati non solo dal mondo esterno, ma dai propri sensi di colpa o di quelli di chi ci è vicino. Edo, protagonista ed “eroe” intellettuale del libro, tornato a Tunisi per i funerali di Aldo e il processo al suo assassino, ripercorre la loro conoscenza, l'amicizia, i dialoghi, le occasioni dei loro incontri avvenuti quattro mesi prima del delitto, a tal proposito, molto belle e significative sono le parti in cui Edo cerca di ricordare e di conoscere meglio l’amico attraverso gli oggetti e soprattutto i libri lasciati in casa. Il nucleo centrale del testo è un lungo flash back, in cui viene ripreso il rapporto tra Aldo, architetto cinquantenne che è andato a vivere in Tunisia alla ricerca di un paradiso terrestre per gay, anzi per froci, parola che il personaggio declina al femminile, quasi a sottolineare la propria condizione come uno sbaglio frutto della mancata identità femminile, ed Edo, scrittore in vacanza in Tunisia,  omosessuale, consapevole della propria identità e della storia a cui appartiene, ma soprattutto portatore di una prospettiva collettiva fatta di rivendicazioni, diritti e intelligenza (nel senso etimologico come capacita di leggere il reale e di coglierne gli aspetti che ne legano i vari ambiti) del desiderio. Ed è qui che va rintracciato il sottotesto di questo scritto. Sottotesto che consiste, appunto, in una filosofia del desiderio che, partendo da un punto di vista ben determinato, la cultura e l’identità omosessuale, implicitamente allarga il discorso alla condizione umana in rapporto all’eros e a ciò che si desidera. A ben vedere qui si contrappongono, o per meglio dire, dialogano, due idee del desiderio: quella di Aldo dove il desiderio è risolto, oserei dire ridotto, a funzione e bisogno da soddisfare, in cui la ricerca del paradiso terrestre, che non riuscendo a cancellare il senso di colpa per una condizione non accettata sino in fondo, si rovescia nell’inferno della coazione a ripetere, nello sfogo immediato delle pulsioni; e quella di  Edo dove il desiderio è visto come la condizione trascendentale dell’umano, l’apertura inesauribile entro cui il fenomeno umano si dà, che non può essere ridotto a mera pulsione da scaricare soltanto in sempre nuove avventure, ma deve essere coltivato e fruito con razionalità e consapevolezza. Una filosofia del desiderio appunto, che costruisca l’identità del singolo e della comunità, che poi, tale identità, può essere declinata in senso omo ed etero, se mai queste categorie abbiano un senso non strettamente “polemico” ma anche speculativo e, se lo hanno un senso, è perché esse stesse sono costruzioni storiche, come lo stesso concetto di “identità sessuale”, e come tali vanno analizzate. Da questo punto di vista è significativo il passaggio in cui Edo sottolinea la differenza tra l’approccio giudaico-cristiano e l’approccio greco-romano alla sessualità: “credo di poter affermare che – tra questi tabù che il cristianesimo, principalmente attraverso San Paolo, assorbe dall’ebraismo – vi è la prevalenza dell’oggetto rispetto alla pulsione. Mentre in ambito greco e romano ciò che contava era la pulsione erotica – e l’oggetto: uomo, donna o fanciullo aveva un’importanza relativa – in ambito giudaico – cristiano è l’oggetto della pulsione che giustifica l’eros, conferendogli senso all’interno di un ‘progetto’: la famiglia, i figli, il matrimonio indissolubile. Con conseguente primato assoluto dell’amore eterosessuale e monogamico.” Forse recuperare il senso greco-romano della  sessualità, che dà prevalenza alla pulsione rispetto all’oggetto, potrebbe permettere di riproporre determinate questioni etiche, psicologiche, sociali e giuridiche importanti, trattandole con una razionalità che non escluda ma che accolga il desiderio e non con la fobia del peccato, del conseguente senso di colpa e della rimozione psicologica ad esso legato, o con lo svuotamento nichilistico del desiderio nell’organizzazione tecnica del mondo odierno. In altre parole un compito fondamentale che l’uomo contemporaneo ha, e che la riduzione tecnologica-mercantile attuale della sessualità rende ancora più impellente, è di “capire che con i nostri desideri, attraverso i nostri desideri, si creano nuove forme di relazione, nuove forme d’amore, nuove forme di creazione. Il sesso non è una fatalità; è possibilità di una vita creativa” per dirla con Foucault, ossia che la sessualità, come luogo eminente e originario ma non esclusivo del desiderio, è la possibilità di attuare il tratto specifico dell’umano, cioè di vivere un’esistenza che non sia mera coazione a ripetere che si consuma nel consumare tutto (sesso, merci, informazioni, valori), ma che sia, invece, possibilità, apertura, intelligente e creativa.

Francesco Filia

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