mercoledì 8 settembre 2010

Ionica


Ionica

Se abbiamo abbattuto le loro statue
se li abbiamo scacciati dai loro templi
non per questo gli dèi sono morti. O terra
di Ionia, sei tu ch’essi amano ancora.
Quando il mattino d’agosto ti avvolge tutta
nella tua aria passa un vigore di quella loro
vita e una figura d’efebo, indecisa,
immateriale, a volte corre via veloce
sull’alto delle tue colline.

(traduzione di Margherita Dalmàti e Nelo Risi, Einaudi 1968)


Ionica

Se, frantumati i loro simulacri,
noi li scacciammo via dai loro templi,
non sono morti per ciò gli dei.
O terra della Ionia, ancora t'amano,
l'anima loro ti ricorda ancora.
come aggiorna su te l'alba d'agosto,
nell'aria varca della loro vita un èmpito,
e un'eteria parvenza d'efebo,
indefinita, con passo celere,
varca talora sulle tue colline.

(traduzione di Filppo Maria Pontani, Mondadori 1961)


Alcuni giorni di quest'ultimo agosto li ho trascorsi in Calabria (la cosa più greca che abbiamo in Italia, a mio avviso), tra Reggio, Melito, Scilla e, in un pomeriggio al mare, mi sono tornati in mente sia la poesia di Kavafis sia il discorso di Chirone a Giasone nella Medea di Pasolini,poi è affiorato alla mente un rumore particolare, o forse è il rumore che mi ha fatto ricordare la poesia e il film, che da bambino mi incantava: la risacca delle onde tra le pietre...Ecco per me gli dèi sono lì, in quel rumore in quel silenzio ad esso sotteso...ma ormai da millenni la loro voce è flebile, la natura è diventata naturale e l'ascolto è sempre più remoto e stentato, eppure, pur non tentando un ritorno impossibile, nella lontananza qualcosa può essere ancora intercettato e reso con il linguaggio che più ci è vicino, la sfida che gli dèi ci pongono è questa in fondo.

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