giovedì 17 dicembre 2009

L'avvocato del diavolo


L’avvocato del diavolo



Tartaglia,
riduce la lingua a pezzi,
la fraziona, non riesce a vederla finita
una frase che sia una
e ricomincia d’accapo
la sintassi della sua genìa
ci riprova tra la gente che s’accalca
melliflua sostanza della Storia,
ci riprova ma tar-ta-glia.
Così anche la piazza
si scompone,
si riduce di scala
e si moltiplica come in quadro
neo cubista, ogni singola faccia
che osserva diventa infinita
diventa piano piano massa,
folla che assiste al comizio
del Signore padrone, un biscione
che s’arrampica sulle guglie cerulee della chiesa
lì dove si celebrava un mese prima
il passaggio terrestre dell’uomo fondatore
dell’Italia risorta dopo la guerra.*


*-in nota, per chi ricorda, nella stessa piazza
si salutava l’uomo che ha nel nome
e nei fatti unito la nostra storia
allo spettacolo infinito d’America
Mike Buongiorno, fondatore del biscione-


avrà pensato tartaglia
di restituire al Signore Padrone
ridotta in scala quella chiesa
nella piazza meneghina
per sentire sulla faccia di gomma
se una sola di quelle visioni è vera.
Tutti avevano lo stesso sorriso
stampato e si presentavano
col nome Silvio.
Avrà pensato tartaglia.
“colpisco quello di centro”
quello dove si concentra il consenso”
poi caricando il tiro
come campione di pallamano
ha lanciato la riproduzione in scala
del duomo di Milano
e buhm…un solo tonfo
ha sfaldato la tela cubista.
Si è rivoltata la folla
sul novello bombarolo
tutta, ma proprio tutta,
compresa la redazione de La Repubblica
che fino alla settimana prima
seguiva il destino dei cervelli in fuga
e questo sotto teca
non l’avevano mica ammesso
al catechismo della chiesa meneghina-
e buhm la faccia si squaglia sotto
il tiro del matto, mio fratello,
avvocato del diavolo,
e buhm si rivede infinite volte
come in quadro cubista
la sua mano che tira, che tira, che tira,
e buhm tartaglia, tartagli la vita…
mia precaria che non conosce
una frase che sia una
e si staglia l’immagine della coda,
di un biscione che arretra
dalle guglie della chiesa
quando stava per lambire
i piedi pudichi della madonnina.
Rivedendo la scena al ralenti
si leggono le labbra del balbuziente
che lancia sulla faccia del Signore
la riproduzione della chiesa,
una sola frase gli è uscita buona
nella sua vita, sparata d’un sol fiato,
senza timore, un vero e proprio urlo:
“ma vaffanculo!”

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